Giorgia Meloni e Stefano Bonaccini hanno dato l’impressione di lavorare fianco a fianco per superare l’emergenza causata dall’alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna. Tuttavia, nella gestione a lungo termine della ricostruzione, la coalizione di centrodestra sembra vivere ore di tensione.
Il ministro per le Infrastrutture, Matteo Salvini, avrebbe sottolineato che, in Emilia, scelte figlie di un certo pseudo ambientalismo ideologico hanno aggravato gli effetti dell’alluvione. Queste parole sono state lette come un chiaro veto sulla nomina di Bonaccini come Commissario per la ricostruzione.
Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, ha aperto alla soluzione Bonaccini, affermando che ”rispettare il territorio sarebbe abbastanza logico anche per una responsabilità e gestione condivisa di un emergenza del Paese”.
Fonti di Palazzo Chigi hanno smentito il braccio di ferro, confermando che la soluzione Bonaccini sembra sfumare. L’ipotesi più probabile è quella di un Commissario ”terzo”, magari tecnico non politico.
Anche il diretto interessato ha espresso la sua opinione: ”Non è importante il nome di Bonaccini come Commissario per la ricostruzione, ma un modo di lavorare, quel modello del terremoto dell’Emilia ha funzionato bene. Il problema non è il nome ma come si vuole lavorare”.
In questo momento di tensione, la scelta del Commissario per la ricostruzione dell’Emilia-Romagna è una questione delicata. Giorgia Meloni e Stefano Bonaccini hanno lavorato fianco a fianco per superare l’emergenza, ma la nomina di Bonaccini sembra sfumare. La soluzione più probabile è quella di un Commissario ”terzo”, magari tecnico non politico, che possa gestire la ricostruzione in modo efficace.